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seconda parte del racconto

 
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seconda parte del racconto - 2004-02-16 14:30:02   
Kiber

 

Messaggi: 168
Primo ingresso in Numenor: 2004-01-25
Status: offline
Ecco la seconda parte!





A casa prese un pacchetto alimentare e lo infilò nel forno. In un minuto tirò fuori la cena, e cominciò a mangiare silenziosamente, immersa nei propri pensieri.
Sua madre si staccò dallo schermo virtuale, la raggiunse e infilò anche lei un pacchetto nel forno.
“Dove sei stata oggi?”
“A scuola” rispose Kiber svogliatamente, rassegnata all’inevitabile elenco dei fatti della giornata, al lungo ed enfatico discorso di tutti i giorni. Sua madre snocciolava una parola dopo l’altra, senza mai fermarsi, non curandosi del fatto che lei non l’ascoltava; era così presa da quei discorsi che non se ne accorgeva neppure. E Kiber pensava ad altro.
“Dalla terra si possono vedere le stelle?” chiese, interrompendo una minuziosa descrizione dei clienti di quel giorno.
“Come?” chiese sua madre, seccata e stupita di essere stata strappata alle sue interessanti constatazioni.
“C’è qualche posto, nel mondo, da cui si vedono le stelle?” ripeté più lentamente, quasi per lasciarle il tempo di staccarsi dalla sua narrazione.
Sua madre la guardò sorpresa: “Le stelle? Ma si vedono dai satelliti, dalle astronavi. Non lo so… Dalla terra, che razza di idea!”
“È solo che mi piacerebbe, qualche volta, poterle vedere…”
“Ma tesoro, certo che le puoi vedere! Dal computer, sugli schermi… e puoi anche vedere cose molto più entusiasmanti delle stelle! Le hai viste un sacco di volte, lo sai come sono”.
Rise della strana e infantile domanda della figlia.
“Lo so, lo so. Ma non intendevo questo. Sarebbe stupendo vederle da qui, sentire il cielo che ti sovrasta, come nei tempi antichi, come nei libri…”
“Libri?”
Kiber si pentì subito di averlo detto.
“Sei stata ancora in biblioteca?”
“Sì…”
“Kiber, non dovresti passarci così tanto tempo, quei libri ti mettono strane idee in testa. Lo dice anche tuo padre, hai sempre la testa tra le nuvole. Dovresti impegnarti in altre cose, pensare al tuo futuro. Non perdere tempo in inutili fantasie”.

Ma Kiber non riusciva a pensare ad altro. Si recava sempre più spesso in biblioteca, cercava qualunque libro che narrasse di cieli e notti stellate. Si perdeva nelle meravigliose descrizioni di piogge di stelle sui monti, di cieli color nero intenso punteggiati di piccole luci. Sognava, consultando antiche mappe stellari, restava affascinata dagli strani nomi delle costellazioni, dalla fantasia che vedeva in loro figure ed animali, che assegnava un nome ad una stella come fosse una persona.
Ogni volta che si sentiva triste e perduta si rifugiava in questi sogni, progettava viaggi immaginari in luoghi sconosciuti, vedeva nella mente ciò a cui il suo cuore tendeva. E il suo cuore era attirato da questo sogno con una tensione fortissima, ogni suo pensiero volgeva in quella direzione. Lei doveva vedere le stelle. Senza questo la sua vita si svuotava di senso.
Cominciò a cercare informazioni, voleva trovare i luoghi meno coperti di cemento e popolati del mondo, disperatamente, doveva esserci un posto, forse sui monti, dalle montagne una volta si vedevano bene le stelle, doveva esserci un posto…

“Kiber!” gli amici la guardavano, aspettando una sua risposta. Aveva di nuovo smesso di ascoltare, aveva di nuovo tagliato i contatti con ciò che la circondava. D’altronde i discorsi degli amici le apparivano sempre più noiosi e insopportabili. Ora aveva capito cosa non andava in loro. Parlavano e parlavano in continuazione, ma non dicevano niente. E lei non riusciva a parlare con loro, non riusciva ad esprimere quello che provava. Loro non avevano sogni.
Si sentiva sempre più estranea.
Spesso cercava di comunicare i suoi sogni a Zelia, ma non era molto diverso che parlarne con i suoi genitori. Semplicemente Zelia non conosceva il significato della parola sogno.
“Non hai mai avuto un desiderio nel tuo cuore?”
“Eh? Beh, non saprei…”
“Io desidero con tutta me stessa di trovare un posto da cui poter vedere le stelle”.
Zelia scuoteva la testa e le diceva che la capiva sempre meno.

“Sai che una volta le persone desideravano qualcosa, e quando guardavano il cielo e vedevano una stella cadere, esprimevano il loro desiderio, e questo si sarebbe avverato…”
“Una stella che cade? Cosa stai dicendo?”
“Credo che intendessero un meteorite. Apparivano come stelle che scompaiono lasciando una piccola scia”.
“Ma che sciocchezza, come può un meteorite realizzare i desideri di una persona?”

“Ho letto anche che una volta le stelle guidavano i viaggiatori”.
“Nei libri dicono un sacco di queste cose, non devi credere a tutto!”
“Quando non c’era niente, quelli che si perdevano nel mare o nei deserti, alzavano gli occhi verso la volta celeste, verso una stella fissa, e la seguivano per andare verso nord. Oppure si affidavano al cielo e pregavano”.
Kiber non credeva in Dio, come quasi tutti ormai. L’uomo aveva spiegato tutto, governava l’universo, Dio non serviva. E Kiber non riusciva a vedere in quel mondo grigio e spoglio la presenza di un grande creatore, non scorgeva alcun segno della bellezza e della profondità della creazione di un essere divino. Tutto era tristemente piatto e umano.


I giorni passavano, spenti e sempre uguali, e quella tristezza interiore non scompariva, Kiber si sentiva sempre più insignificante, non padrona della propria vita.
Il suo sogno era sempre vivo dentro di lei, ma sembrava sempre più irrealizzabile. Ne parlava continuamente, con chiunque; i suoi genitori erano quasi preoccupati, anche se non la prendevano molto sul serio, pensavano che le sarebbe passata prima o poi.
Ma quel sogno non voleva essere soffocato.

Una sera tornò dalla biblioteca, e trovò suo padre e sua madre a casa, davanti allo schermo, intenti ad esaminare possibili luoghi di villeggiatura per le prossime vacanze.
Non le interessava. Quei posti erano tutti uguali, uno valeva l’altro. Fece per andarsene senza disturbare, quando suo padre la chiamò.
“Kiber, guarda un po’ se ti piace questo hotel!”
Kiber si fermò e diede un’occhiata.
“Abbiamo pensato che ti sarebbe piaciuto” continuò suo padre “è sui monti più alti del mondo, un pochino isolato, ma i jink ci arrivano, e…”
Non fece in tempo a finire, perché Kiber gli aveva buttato le braccia al collo e ora stava saltando dalla gioia. Lo slogan diceva “…dalla terrazza panoramica potrete ammirare dal vivo stelle e pianeti, ad occhio nudo potrete vedere un primordiale cielo stellato; quasi l’unico luogo sulla terra da cui è possibile godere di questo spettacolo, l’hotel…”
Quello bastava. Kiber era al settimo cielo, e ringraziando mille e mille volte, corse a contare i giorni che mancavano alla partenza.
Non riusciva a crederci, avrebbe visto le stelle, il suo desiderio si sarebbe realizzato!
La notte giacque nel letto ad occhi aperti, troppo euforica per dormire, a immaginare in tutti i possibili modi come sarebbe stato il viaggio più bello della sua vita.
Per la prima volta da tempo si addormentò con un sorriso sulle labbra.

Poche settimane dopo era in viaggio, e ad occhi chiusi pensava, grata di quell’attimo di silenzio. Stava per raggiungere l’Himalaia, la terra magica di tanti dei suoi libri, e anche se ora era completamente diversa, anche se erano state costruite città e strutture turistiche, anche se era stata domata e aveva perso tutto il suo fascino, da quelle altezze si poteva ancora avere un contatto con il cielo, si potevano vedere le stelle!
In quella terra era racchiuso il suo sogno…
Eppure, passata la grande felicità iniziale e l’eccitazione al pensiero del viaggio, ora sentiva qualcosa di strano, come una parte mancante dentro di lei. Un nuovo vuoto si stava aprendo, e questa volta non aveva senso, questa volta Kiber non poteva lamentarsi di niente. Ma forse era proprio questo che le pungeva dentro. Era stato in un certo senso troppo facile. Non aveva fatto altro che salire su un semplice aereo e prenotare un hotel con vista speciale e subito tutto quello che voleva si era realizzato. In fondo era stata trascinata come al solito dagli eventi. E inoltre quel qualcosa che la punzecchiava le faceva sentire un nodo, un qualcosa le diceva che quando sarebbe finito tutto e quando sarebbe tornata a casa, tutto il resto sarebbe stato privo di senso, poiché aveva già realizzato l’unica cosa per cui valeva la pena.
Kiber aveva paura di provare quel vuoto. Si ripeté più e più volte che erano pensieri insensati, che non poteva lamentarsi che era stato troppo facile, anche perché l’aveva desiderato così a lungo e così intensamente che era giusto che il suo sogno si avverasse, tutto il suo essere era teso a quella meta, ed era giusto che la raggiungesse, non c’era un modo troppo facile!
Chiuse la mente a quei pensieri. Era sempre la solita, non riusciva mai ad essere felice in modo completo, doveva sempre rovinarsi tutto per il suo troppo riflettere, girando inutilmente attorno alle cose, a vuoto.
Appena scesero, la vista di quei paesaggi, che si era immaginata attraverso i libri, e che ora le apparivano totalmente diversi, la rattristò. Ma si risollevò pensando alla sera, al suo cielo stellato.
Effettivamente quella vista era desolante: tra monti e valli a cui erano state strappate via le foreste, che erano state scavati e perforati, riempiti di attrezzature, ascensori per raggiungere le cime, reti di strade e piste di atterraggio, si innalzava un’imponente e lampeggiante struttura che poteva ospitare migliaia di persone. Su una cima spianata stavano una cupola trasparente e un’enorme terrazza panoramica. E da tutto il mondo arrivavano turisti per ammirare quello spettacolo.

La sera, fari, luci lampeggianti e musica sbattevano contro le montagne, contro quel poco di esse che ancora sopravviveva sotto la morsa soffocante delle città. La gente si affollava, comprimendosi sulla terrazza, urlando e parlando, in un vociare continuo, incurante del sole che tramontava dietro le cime, che scompariva lasciando un ultimo timido raggio sull’ultima lotta tra natura e progresso, in un’atmosfera irreale e affascinante.
Ma solo Kiber lo contemplava, solo lei se ne rendeva conto. La gente era accecata dalle luci e dagli schermi, era assordata dalla musica, e nessuno si accorse neppure dell’oscurità che calava lentamente, creando un cielo blu profondo, scuro e intenso.
Kiber attendeva con ansia, appoggiata alla ringhiera sul bordo della terrazza, cercando di scorgere una stella.
Una voce annunciò che si sarebbero spente le luci.
Kiber chiuse gli occhi. Cinque, quattro, tre, due, uno…
Le luci si spensero.
Kiber aprì gli occhi.
L’immensità dell’universo si apriva sopra di lei, migliaia di stelle, a perdita d’occhio. Brillavano come tanti puntini attorno al bianco chiarore della Via Lattea, al centro del tappeto blu del cielo.
Esclamazioni e mormorii di meraviglia, seguite subito da un forte parlare. Applausi e commenti. Musica, e ancora parole, parole, sempre inutili parole.
Kiber si guardava attorno ansiosamente, disorientata.
Guardò nuovamente il cielo. Niente. Non sentiva niente.
Quel cielo non le comunicava nessuna emozione. Era esattamente uguale a quello degli schermi virtuali, a quello dei grandi cinema.
Sua madre aveva ragione: l’aveva visto mille volte, sapeva già com’era, e ora non aveva nulla di diverso.
Il vuoto nel suo cuore non si era colmato.
Girò su sé stessa, guardando la gente che rideva e chiacchierava, quasi aspettandosi che qualcuno le spiegasse; aveva voglia di urlare, di gridare a tutti perché non se ne accorgevano, perché non sentivano anche loro quel vuoto, perché non capivano che conducevano un’esistenza completamente inutile e priva di senso!
Corse via, lontano dalla gente, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.




Per ora posto solo questo perchè dopo c'è una parte che devo sistemare un po', ma la storia non finisce qui, anche se sembra che Kiber abbia realizzato il suo desiderio...


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Messaggio #: 1
seconda parte del racconto - 2004-02-16 22:58:51   
GwendydD


Messaggi: 2993
Primo ingresso in Numenor: 2002-07-09
Da: fiiiirenzeeee
Status: offline
ma ci tieni sulle spine così! :P

complimenti, comunque


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(Risposta a Kiber)
Messaggio #: 2
seconda parte del racconto - 2004-02-17 8:32:01   
anna


Messaggi: 170
Primo ingresso in Numenor: 2003-11-07
Status: offline
complimenti aspeto la terza parte


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حَنَــــانٌ

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(Risposta a Kiber)
Messaggio #: 3
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