Gilraen
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Primo ingresso in Numenor: 2004-02-09
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Rieccomi qui a narrare le lingue inventate dal nostro Professore.. La discutibile domanda sulla stabilità Comunque, i linguaggi di Tolkien cambiarono in modo diverso che non le simulate modifiche entro la storia immaginata. In The Monsters and the Critics p. 218-19, Tolkien osserva che "se si costruisce un linguaggio artefatto secondo principi scelti", si possono scrivere poesie in quel linguaggio - "così come sono fissati, e nel coraggioso rispetto delle proprie regole, resistendo alla tentazione del supremo despota di alterarle". Tolkien non ebbe coraggioso rispetto delle sue proprie regole e non resistette alla tentazione del supremo despota. Egli non giunse mai a "completare" veramente i suoi linguaggi. L'unica cosa che finalmente assicurò totale stabilità fu la loro demise nel 1973. In Sauron Defeated p. 240, il personaggio di Tolkien Lowdham parla per Tolkien stesso: "Nella creazione di un linguaggio si è liberi: troppo liberi. È difficile dare un appropriato significato ad ogni dato vocalizzo, e ancora più difficile adattare ogni vocalizzo a un dato significato. Dico adattare. Non intendo dire che si possano assegnare forme o significati arbitrariamente, come si vuole. Diciamo di volere una parola per cielo. Bene, chiamiamolo jibberjabber, o qualsiasi altra cosa venga in mente senza l'esercizio di alcun gusto o arte linguistica. Ma questa è codifica, non costruzione linguistica. È poi un altro problema trovare una positiva relazione, tra suono e senso, che soddisfi, che una volta fatta sia durevole. Quando si inventa soltanto, il piacere o divertimento si ha nel momento dell'invenzione; ma siccome se ne è padroni ogni capriccio è legge, e si può volere che il divertimento sia sopra ogni altra cosa, per forza. Si è responsabili d'esser quanto mai pignoli, alterati, raffinati, ondivaghi, secondo il proprio umore linguistico e i propri cambiamenti nei gusti." Questo è precisamente ciò che Tolkien stesso fece. Per tutta la sua vita tenne revisioni, revisioni, revisioni. Nelle parole di suo figlio, "le storie linguistiche furono...inventate da un inventore, che era libero di cambiare queste storie così com'era libero di cambiare la storia del mondo in cui esse ebbero luogo, e lo fece così abbondantemente... Inoltre, le alterazioni nella storia non furono confinate in caratteristiche di sviluppo linguistico 'interiore': la concezione 'esteriore' dei linguaggi e le loro relazioni subirono modifiche, anche profonde". Il Sindarin è buon esempio di idee cambiate sulla storia esteriore dei linguaggi. Lo scenario illustrato nelle appendici di SdA mostra che questo è il linguaggio dei Sindar, gli Elfi Grigi - gli Elfi che giunsero nel Beleriand da Cuiviénen, ma non si recarono oltre il mare in Valinor. Ma nelle note di Tolkien antecedenti SdA, il Sindarin è chiamato Noldorin, e prima ancora Gnomico, poichè era il linguaggio dei Noldor o "Gnomi", gli "Elfi Saggi". Fu sviluppato in Valinor, mentre il Quenya nel primo scenario era il linguaggio dei Lindar, la prima delle tre schiere degli Eldar (a complicare ulteriormente le cose, i Lindar più tardi furono rinominati e divennero i Vanyar, mentre Lindar divenne un nome della terza schiera, i Teleri...). Ma allora Tolkien doveva aver compreso che gli Elfi, immortali e tutto il resto, difficilmente avrebbero sviluppato linguaggi radicalmente differenti mentre vivevano fianco a fianco in Valinor. Così, secondo lo scenario riveduto, Vanyar e Noldor parlavano entrambi Quenya con qualche minore differenza dialettale, mentre il linguaggio "Noldorin" che Tolkien aveva già ideato fu semplicemente ribattezzato Sindarin, trasferito da Valinor alla Terra di Mezzo e ricollocato laggiù sulle bocche degli Elfi Grigi. Era, ovviamente, più plausibile che essi avessero sviluppato un linguaggio molto differente dal Quenya, essendo stati separati dal loro ceppo in Valinor per migliaia di anni. Christopher Tolkien commenta, "giunse così lontano questa riforma che le preesistenti strutture linguistiche furono immesse nel nuovo intreccio storico e ad esse furono dati nuovi nomi". Ma anche il vocabolario, la fonologia e la grammatica dei linguaggi fu ripetutamente riveduta. Si considerino queste righe da un primevo poema "Qenya", pubblicato: in MC:213-14 Man kiluva lómi sangane, telume lungane tollalinta ruste, vea qalume, mandu yáme, aira móre ala tinwi lante no lanta-mindon "Chi vedrà radunarsi le nuvole, i cieli curvarsi su colline che si sgretolano, il mare ingrossarsi, l'abisso spalancarsi, l'antica tenebra oltre le stelle cadere su torri cadute?" Fu scritto nel 1931. Molto più tardi, probabilmente negli anni Sessanta o anche (necessariamente) nei primi anni Settanta, Tolkien riscrisse questo poema. Lo tradusse letteralmente dal primitivo "Qenya" in un maturo "Quenya", Quenya essendo il linguaggio com'era divenuto dopo trent'anni di revisioni. Ora queste righe si presentano così (The Monsters and the Critics:222), benché il loro significato sia sempre lo stesso: Man kenuva lumbor ahosta Menel akúna ruxal' ambonnar, ëar amortala, undume hákala, enwina lúme elenillor pella talta-taltala atalantië mindonnar? Come si vedrà , la sola parola immutata in ambedue i testi è man "chi"; così anche la desinenza futura -uva in kiluva > kenuva "vedrà ". È una questione aperta se un Elfo che parla il "Qenya" degli anni Venti e dei primi anni Trenta possa essere in grado di seguire una conversazione in buon Quenya. Non solo i vocaboli, ma del pari le strutture grammaticali furono soggette a revisione. Nelle Etimologie, ci sono piuttosto scarsi esempi in "Qenya" aventi un genitivo in -n, p.e. Ar Manwen "giorno di Manwë". Ma nel SdA pubblicato, -n è divenuto il suffisso dativo, mentre il genitivo ora termina in -o. Forse che il suffisso -o suona più "genitivale" che non -n ? Un giorno, Tolkien deve aver deciso così. Alcuni vocaboli hanno completamente invertito il loro significato. Gli Avari sono gli Elfi che rifiutarono di lasciare Cuiviénen e andare a Valinor. Ma le Etimologie mostrano che Tolkien originariamente intendeva Avari come il nome degli Elfi che andarono a Valinor! Il nome Fëanor esisteva in uno stadio molto antico, ma non significò sempre "Spirito di Fuoco", come è tradotto nel Silmarillion. Nelle Etimologie è interpretato come "Sole raggiante", dall'antico *Phay-anâro). Prima di ciò, nel vocabolario primario, significava "fabbro" (Racconti Perduti I, p. 253). Anche quando qualcosa fosse già apparso in stampa, Tolkien non potè sempre resistere alla tentazione di manometterlo. Nella prima edizione di SdA, il saluto di Frodo a Gildor era elen sÃla lúmenn' omentielmo. Più tardi Tolkien decise che l'ultima parola doveva invece essere omentielvo , e questa forma fu usata nelle successive edizioni. (Uno dei pionieri nello studio dell'Elfico, Dick Plotz, fu scioccato nel vedere la nuova forma. Egli pensò che l'editore americano, Ballantine, avesse commesso un errore e fece pressione per farlo correggere. Nell'edizione seguente l'editore - necessariamente incompetente in tale materia - introdusse la variante omentilmo, che non significa nulla: a volte nobili sforzi possono sortire tristi conseguenze!) Nondimeno: le maggiori modifiche e revisione indubitabilmente avvennero nella prima metà degli anni Trenta. Riguardo all'originale linguaggio "Gnomico" del 1915 o suppergiù, l'anziano Tolkien lo considerò meramente un "linguaggio che in ultimo divenne quello di tipo chiamato Sindarin", e il suo primigenio "Qenya" è ora ritenuto "molto primitivo" (The Peoples of Middle-earth p. 379). Ma con l'apparizione delle Etimologie a metà degli anni Trenta, la forma quasi definitiva di Q(u)enya e "Noldorin" = Sindarin fu messa in campo, e i rimanenti quarant'anni della vita di Tolkien trascorsero in pignolerie sui dettagli.
< Modificato da Gilraen -- 2004-11-13 20:39:18 >
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