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un mio racconto...

 
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ID-Ilquelin
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un mio racconto... - 2004-02-13 21:37:23   
Kiber

 

Messaggi: 168
Primo ingresso in Numenor: 2004-01-25
Status: offline
Ciao a tutti...
non so se ne vale la pena e può interessare a qualcuno, ma ho scritto un piccolo racconto per un concorso, e vorrei sapere cosa ne pensa qualcuno al di fuori... non è un racconto fantasy, è una storia semplice, ambientata in un ipotetico futuro, di una ragazza che sogna di vedere le stelle...
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate...
vi accludo la prima parte... provate a leggere.

timidamente
Kiber

(ah, la protagonista ha il mio nick...)




-FRAMMENTI DI STELLE-

Grigio, nient’altro che grigio, da ogni parte guardasse. Per terra l’asfalto, tutto intorno muri di cemento, nel cielo nuvole grigie, davanti una densa nebbia di grigia caligine che avvolgeva ogni cosa, sfiorando tutto con le sue braccia di fili di fumo. E rumore, rumore assordante e martellante, voci, rombi e continui ronzii.
Eppure per Kiber quel grigiore era preferibile ai colori abbaglianti e stordenti della stazione. Lì il frastuono era al limite della sopportazione. Ma nessuno ci faceva più caso, tutti passavano la maggior parte della vita tra quei corridoi, per spostarsi continuamente da un capo all’altro della città; entravano in quello scoppio di colori e suoni senza venirne colpiti, senza darci bado; oltrepassavano correndo tutti quegli schermi e cartelloni enormi, venendo continuamente bombardati, senza accorgersene.
Lei preferiva uscire nella foschia, anche se a volte la vista del cielo plumbeo le dava una profonda sensazione di malinconia, finché non diventava insopportabile, come la pesantezza dell’aria che si respirava.
Pochi ormai uscivano all’esterno, l’interno era perfetto, c’era ogni cosa che serviva, e si potevano soffocare le tristezze nella miriade di colori e suoni.
Se qualcuno poteva essere triste. Chissà se qualcuno provava ancora emozioni. Oh, certo, molti erano irritati, nervosi o adirati per il lavoro, o per qualcosa che non andava come speravano, o per altre cose simili. E d’altronde, c’erano altri motivi per essere tristi?
No. Ogni emozione veniva ignorata, respinta dalla corsa frenetica di ogni giorno.
Kiber entrò nei corridoi, lasciandosi alle spalle la pesante coltre di nebbia, e da davanti il frastuono la investì. Salì sulla vettura, e in pochi minuti era già dalla parte opposta della città. E la città era veramente enorme, si estendeva per decine di chilometri sul territorio circostante, una colata di cemento che copriva la terra. E dopo di essa c’era un’altra città, e poi ancora, e ancora, tutto il mondo ne era soffocato, le città ne risucchiavano l’aria, ne seccavano la terra, lo trasformavano in un globo grigio di fumo e asfalto.

Arrivò a scuola, e la mattinata trascorse come sempre.
Il percorso di studi di Kiber, sedicenne, era già tutto programmato. Si impegnava per abitudine, stava nella media, perché aveva sempre fatto così. Ma andava avanti per inerzia, senza entusiasmo. La sua vita non era quasi più sotto il suo controllo, la strada che doveva percorrere era stata decisa dai Test, lei era portata a fare quelle determinate scelte, e perciò era ovvio che le facesse. Ma lei non sentiva alcun desiderio, alcuna aspirazione, viveva la sua vita passivamente, trascinata da quel vortice di giornate che si susseguivano una dopo l’altra, uguali e monotone.

A pranzo incontrò Zelia, sua amica da sempre. Si immersero subito in una fitta conversazione, sulla scuola e su tutto ciò che era successo in quei giorni; non che ci fosse molto da dire, ma parlarono ininterrottamente per un’ora, finché non fu il momento di andare.
“Che fai oggi?” chiese infine Zelia.
“Mah, il solito… forse adesso mi fermo un po’ in biblioteca”.
“Ancora? Ma che ci fai in biblioteca, non c’è niente, solo antichi volumi pieni di polvere…”
“Eppure quei vecchi libri sono interessanti”.
“Ma dai, figuriamoci! Non ci va nessuno, ci sarai solo tu e forse qualche vecchietto studioso di testi antichi che non ha niente da fare!”
Kiber alzò le spalle.
“Tu invece che fai?” chiese, cambiando discorso.
“Il solito… forse più tardi esco, vado al Zone“.
“Ah, certo, vedi Devin?”
“Già”
E qui iniziò il solito interminabile resoconto delle coppie e la solita discussione su tutti gli amici. Kiber ascoltava in parte, con la mente già rivolta verso la biblioteca. Sentiva solo una lunga fila di parole che aveva già sentito, solo rimescolate tra loro per dare l’impressione di un nuovo discorso.

“E tu? Come va con Niel?”
Quella domanda giunse inaspettata, e Kiber restò per un attimo bloccata “Non lo sapevi? È da un po’ che è finita…”
“Cosa? È stato lui?”
“No, l’ho lasciato io… beh, è tardi, devo andare…” era stanca di quel discorso, non ne voleva parlare, non lo considerava importante.
“Ma sei impazzita?! Perché? Cosa aveva che non andava, è perfetto! Tu sei matta, hai tutte le fortune e le lasci scappare così!”
Kiber non sapeva cosa rispondere. In effetti Niel era perfetto. E lei era bella, con fini capelli rossi, chiari, che le contornavano un viso dai lineamenti dolci; poteva avere qualsiasi ragazzo…
“Veramente non lo so… non volevo continuare quella storia, non ero felice, non ero partecipe con il cuore… non so se capisci…”
“Ma perché?”
“Era tutto così grigio…”
“Grigio? Ma cosa vuol dire, non ha senso!”
Kiber alzò le spalle.
“Tu sei strana” concluse Zelia “Beh ciao, ora è tardi, vado” e salì nella cabina.
“Era tutto così grigio…” Kiber guardò le porte chiudersi e la cabina schizzare via “Come questo mondo”.
Si girò e cominciò a dirigersi verso la biblioteca.

Camminò lentamente in mezzo alla folla che correva frenetica da ogni parte. In biblioteca non ci si poteva andare di fretta o correndo. Bisognava prendersi del tempo, con tranquillità, come serviva del tempo per leggere i libri.
Era entrata per la prima volta in quell’edificio per caso, per un gioco tra amici, mesi prima. Senza pensare a quello che faceva aveva preso in mano un libro e, appena aperto, ne era rimasta incantata.
Aveva iniziato a leggere, avidamente, libri di ogni genere. Questi la trasportavano in altre realtà, in altri mondi che ora vivevano nella sua mente, e che preferiva al mondo reale. Narravano del passato, o di mondi inesistenti, o di epoche lontanissime, che tuttavia non sembravano più reali dei mondi di pura fantasia.
Narravano di pianure e distese sconfinate e deserte, di vette coperte di neve, di paesaggi e tramonti da mozzare il fiato, di fiumi, di cascate, di notti stellate, di avventure e di viaggi, di sentimenti profondi, di lotte fino alle morte per difendere degli ideali…
Era fatta, quei libri avevano destato in lei nuovi sentimenti, nuovi desideri di vedere quei luoghi, di provare quelle emozioni, di vivere in quei mondi, respirare l’aria incontaminata, di sfida, di paesi inesplorati e sperduti… Per dirlo con le parole di quei romanzi che amava tanto, essi l’avevano stregata, le avevano lanciato un incantesimo che non le permetteva di smettere di leggere.
Era nato in lei il desiderio di qualcosa di più di quella vita apatica e passiva, e, sentendosi completamente impotente, aveva iniziato a sognare. Quello lo poteva fare, quello le era permesso, anche se per tutti era una cosa strana, come leggere i libri.
Oltrepassò sorridendo lo schermo del Bibliotecario, il computer che controllava l’edificio e i libri. Non che ce ne fosse bisogno, lì non c’era mai nessuno.
Ogni tanto trovava anche il Controllore, come lo chiamava lei, un uomo smunto e annoiato che si occupava della manutenzione, aveva l’incarico di venire a controllare periodicamente la biblioteca; odiava quel lavoro, e la fissava sempre come se fosse pazza, come se fosse una qualche strana creatura. Lei gli sorrideva, e si tuffava nella lettura.
Kiber adorava quel posto, quelle stanze strapiene di libri fino al soffitto, muri di libri ingialliti invece che di grigio cemento o di schermi accecanti. Lì c’era una relativa pace, persino silenzio, se si ignorava l’onnipresente ronzio di sottofondo.
Lì trascorreva interi pomeriggi, vivendo attraverso i libri ciò che non avrebbe mai potuto realizzare nella sua vita.
Era consapevole che i suoi erano sogni impossibili, il mondo non era più come quello descritto dai libri: tutto, centimetro per centimetro, era stato esplorato, ovunque erano sorte città e costruzioni, i fiumi erano stati fermati da dighe, le montagne spianate per costruire… neppure i deserti esistevano più. Viaggiare era ormai inutile, perché tutte le parti del mondo erano uguali, grigie e piatte. I pochi viaggi che lei aveva fatto erano stati vacanze in attrezzate strutture turistiche, diventate le attrazioni principali, al posto dei paesaggi naturali.
Lei non avrebbe mai visto quei paesaggi.
C’era poi una cosa di quei libri che l’aveva colpita profondamente: le stelle. Gli uomini che guardano in alto e ammirano sopra di loro l’immensità della volta celeste.
Nel suo mondo non c’erano stelle. O meglio, ogni giorno venivano fatte spedizioni e viaggi nello spazio con tecnologie avanzatissime, venivano scoperti nuovi angoli di universo, venivano cercate nuove risorse da sfruttare, enormi astronavi viaggiavano nel buio del vuoto tra i corpi celesti… eppure una persona, alzando gli occhi in una notte limpida, non riusciva a scorgere queste stelle, neanche una.
L’aria era impregnata di nebbia e inquinamento, del riflesso perpetuo delle fortissime luci diffuse su tutta la superficie del pianeta. Tutto era come avvolto in un’opaca coperta.
E più leggeva, più Kiber rimaneva affascinata dalle descrizioni di quell’antico cielo, e più si faceva strada in lei il desiderio di vederlo. Questo desiderava più di ogni altra cosa: voleva vedere le stelle.


Uscì per le strade, illuminate a giorno nonostante l’ora tarda. Nelle corsie veicoli iperveloci sfrecciavano in continuazione, tra rombi assordanti e segnali luminosi, che cercavano inutilmente di penetrare la nebbia. Ovunque fari e luci tentavano di bandire il buio della notte, rischiarando anche gli angoli più nascosti, quasi in un irrazionale terrore della mancanza di luce. La gente odiava il buio. In esso si sentiva vulnerabile e scoperta, privata di alcun punto di riferimento esterno.
Kiber guardò in alto. Subito chiuse d’istinto gli occhi, quando furono colpiti da una luce forte e diretta, e dovette farsi schermo con la mano. Aprendo lentamente le palpebre, cercò di scorgere il cielo sopra i muri di cemento.
Il cielo era vuoto, orribilmente vuoto, grigio e fluorescente, bagliori e fumi rossastri salivano dall’orizzonte…
Kiber sospirò. E riprese la strada.


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Messaggio #: 1
un mio racconto... - 2004-02-14 19:33:37   
Erebel


Messaggi: 4661
Primo ingresso in Numenor: 2002-08-14
Status: offline
Un bel racconto Kiber!
Si vede che è molto sentito, fosse in te continuerei senz'altro a lavorarci...!



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(Risposta a Kiber)
Messaggio #: 2
un mio racconto... - 2004-02-14 22:03:49   
GwendydD


Messaggi: 2993
Primo ingresso in Numenor: 2002-07-09
Da: fiiiirenzeeee
Status: offline
ci fai leggere anche il seguito?


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(Risposta a Erebel)
Messaggio #: 3
un mio racconto... - 2004-02-15 11:54:44   
Taym


Messaggi: 5400
Primo ingresso in Numenor: 2002-07-07
Da: Valimar
Status: offline
Complimenti Kiber! Grazie di averlo inviato, è davvero bello!

E mi fa pensare, ancora una volta, che fortuna sia il poter ancora veder le stelle!


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(Risposta a Kiber)
Messaggio #: 4
un mio racconto... - 2004-02-15 12:29:12   
anna


Messaggi: 170
Primo ingresso in Numenor: 2003-11-07
Status: offline
bella fortuna Kiber
e poi bella scritura mi fa laeegere tutto
complimenti


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حَنَــــانٌ

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(Risposta a Taym)
Messaggio #: 5
un mio racconto... - 2004-02-15 13:27:25   
Arwen


Messaggi: 2891
Primo ingresso in Numenor: 2002-07-09
Da: Imladris
Status: offline
Come ti ho già detto, Kiber, il tuo racconto è molto carino!
Adesso ke so che lo hai terminato spero col cuore che tu ci posti il seguito..così da seguire Kiber fino al raggiungimento del suo sogno..sempre che lo raggiunga!


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(Risposta a anna )
Messaggio #: 6
un mio racconto... - 2004-02-15 21:42:25   
Kiber

 

Messaggi: 168
Primo ingresso in Numenor: 2004-01-25
Status: offline
Grazie a tutti!
Appena riesco a far funzionare il mio computer (che stasera sta dando i numeri) vi posto il seguito!


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(Risposta a Arwen)
Messaggio #: 7
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