Jareth
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Primo ingresso in Numenor: 2002-11-03
Da: Il Castello nel centro del Labirinto.
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Per chi fosse interessato ad un veloce approfondimento, ho sfogliato un ottimo libro comprato qualche tempo fa sulla storia dei Samurai (Leonardo Vittorio Arena, "Samurai", Oscar Storia Mondadori) cercando di capire se la vicenda descritta nel film fosse o meno aderente alla storia. Gli eventi descritti nel film sono realmente accaduti, ma con diversi personaggi e in certi casi in contesti piuttosto diversi. Se avete voglia, di seguito c'è una breve, "vera", storia dell'ultimo samurai. Per capire il contesto storico è necessario fare un passo indietro. Alla metà del XVII secolo, il Giappone si era chiuso in un fortissimo isolamento nei confronti di tutte le influenze esterne, cacciando tutti i mercanti stranieri e mettendo al bando le religioni occidentali. In questo modo il Giappone potè preservare la propria identità e la propria cultura, mettendole al riparo da qualsiasi influenza esterna. Anche la Cina aveva seguito un percorso simile. Ma aveva imparato nel modo più duro che il confronto con gli occidentali era inevitabile. La guerra dell'oppio (1841) era costata alla Cina l'isola di Hong Kong e aveva sancito definitivamente che la potenza tecnologica e militare degli occidentali non poteva essere ignorata. Per il Giappone tutto questo dovette essere un monito. Gli europei e gli americani premevano sui confini del paese del sol levante per poterne conquistare i mercati e avere accesso ai suoi porti. In particolare gli Stati Uniti, che cercavano non solo un nuovo potenziale sbocco per i propri prodotti, ma avevano soprattutto bisogno di basi navali e porti cui poter affidare le proprie navi (mercantili e baleniere, soprattutto) impegnate nel Pacifico. Così, dopo molti tentativi falliti, gli Usa decisero di forzare definitivamente il blocco. Nel 1853 (presidente Fillmore) otto moderne navi da guerra comandate dal commodoro Matthew Perry entrarono nel porto di Uraga, alla foce del fiume Edo. Fu un segno per i giapponesi, impossibile da trascurare. Gli americani portarono un avvertimento: sarebbero tornati dopo un anno, per discutere accordi di tipo commerciale e diplomatico. E se le loro richieste non fossero state accolte, avrebbero fatto ricorso alla forza. E' importante a questo punto capire il rapporto tra le due principali figure che avevano retto le sorti del Giappone sin dal medioevo. L'Imperatore, secondo la tradizione, era l'erede in terra della divinità della luce creatrice del Giappone, Amaterasu. Egli era il capo assoluto, essere semi-divino cui tutti i giapponesi erano fedelmente devoti. L'origine di questa carica viene fatta risalire tradizionalmente al primo imperatore, Jimmu, nell'anno 660 a.C. C'era poi lo Shogun (seii tai shogun, generalissimo che sottomette i barbari). Questi era un condottiero militare, appartenente alla più potente casata di Samurai (non furono poche le guerre feudali causate per conquistare l'ambito titolo), protettore dell'Imperatore, della pace e della tradizione, e in molti casi, effettivo leader del paese. Storicamente, la carica fu creata in un momento di difficoltà estrema per il paese, in cui le rivolte e le guerre intestine sembravano sul punto di sopraffare perfino l'Imperatore. Il primo Shogun fu Yoritomo (1192 d.C.), fondatore della dinastia Minamoto. Nel 1853, imperatore era Komei e lo shogunato apparteneva a Iemochi, dei Tokugawa, casata dalla storia antica e illustre che però ormai si trovava in profondo declino. L'imperatore e lo Shogun non furono favorevoli all'apertura all'influenza americana. Soprattutto temevano, e giustamente, che la cultura occidentale avrebbe finito per travolgere e stroncare i delicati millenari equilibri che governavano la società giapponese. Tuttavia altri membri del consiglio imperiale non furono dello stesso avviso. E la dimostrazione di potenza militare rappresentata da quelle otto navi da guerra e dalla loro artiglieria non si poteva dimenticare facilmente. Così, quando Perry tornò nel 1854, trovò un ambiente piuttosto favorevole. Un paio di porti giapponesi furono aperti agli Usa (Shimoda e Hakodate), e fu concesso al primo Console statunitense, Townsend Harris, di stabilirsi a Shimoda. Successivamente i rapporti tra Usa e Giappone si intensificarono, e gli Stati Uniti si impegnarono a fornire al Giappone armi e attrezzature, insieme al personale tecnico necessario per il loro funzionamento, in cambio di condizioni più favorevoli. Ma una forte ondata xenofoba investì il paese. Negli anni a venire, molti disordini si verificarono nelle strade e i soldati dello Shogun, che avrebbero dovuto vegliare sugli stranieri, non prendevano questo incarico troppo sul serio. L'interprete olandese del console Americano fu assassinato per strada e in pieno giorno. L'ambasciata britannica di Edo fu data alle fiamme nel 1861. La situazione era esplosiva e si attendeva solo la classica scintilla. Che scoccò nel 1862. Quattro soldati inglesi si aggiravano nei pressi di Yokohama, e si imbatterono nel daimyo (potente signore feudale) di Sastuma. Non scesero a cavallo per inchinarglisi, e questo fu visto come un gravissimo oltraggio. Ne seguì uno scontro, nel quale uno degli inglesi venne ucciso. Il governo britannico reagì in modo durissimo e inviò un contigente navale a bombardare Kagoshima, il capoluogo di Satsuma. Chiese condizioni durissime... e le ottenne! I Giapponesi infatti provarono ammirazione nei confronti di una simile potenza militare, e le resero rispetto. In seguito chiesero agli Inglesi di occuparsi dell'ammodernamento della stessa flotta nipponica! Ma le conseguenze di tutto questo furono soprattutto sul piano interno. La dinastia dei Tokugawa fu vista dall'opinione pubblica come la principale responsabile dell'imbarbarimento e del declino culturale in cui il Giappone si era venuto a trovare. Ben presto non ebbe più nè il supporto del popolo, nè quello delle altre importanti casate feudali, alcune delle quali anzi si coalizzarono contro di lei. Si scatenò una guerra civile che sfociò nel 1868 con il ripristino della supremazia del potere imperiale su quello dello shogun. Nuovo imperatore fu incoronato l'adolescente figlio di Komei, Mutsushito. Il leader dell'esercito che lo aveva portato alla vittoria era Saigo Takamori, brillante condottiero, destinato ad avere un ruolo nei futuri avvenimenti. Mutsushito avviò l'età meiji, del governo illuminato. Decise di aprire il Giappone all'esterno, chiamò i migliori esperti da tutto il mondo per trasformare velocemente il Giappone in un paese moderno, emanò una costituzione in cinque articoli che aveva un forte valore democratico e illuminista. La capitale del precedente shogun, Edo, fu ribattezzata Tokyo (capitale dell'Oriente) e i possedimenti dei Tokugawa vennero confiscati e trasformati in prefetture. Tra i diversi feudi si abolirono barriere doganali e tasse. I samurai persero di colpo tutti i loro privilegi. La loro condizione era rappresentata e culminava nella figura dello Shogun. Venuto meno questo simbolo, per loro era la fine. In un'epoca dove la modernità e la tecnologia contavano più del coraggio e del valore individuale tutto il loro sistema di valori veniva messo in crisi. Il loro potere sulla terra, e sul popolo, era stato sradicato dalle nuove leggi. In breve, una casta di guerrieri con duemila anni di tradizioni sulle spalle si trovava a non avere più un posto nella società . Il passo successivo fu la loro umiliazione. Nel 1871 ai samurai veniva concesso, per legge, di rinunciare alle tradizionali due spade (katana e wakizashi). In molti poterono così venderle, per far fronte ai propri debiti. Ma per un guerriero samurai, la sua spada era tutto. Yamagata Aritomo, consigliere dell'Imperatore, compì un lungo viaggio in occidente per carpire i segreti del successo dei paesi più moderni. Tornato in patria, aiutò a dare una decisa svolta al suo paese. Così, nel 1873 anche il Giappone fu dotato di un esercito regolare composto da coscritti, sull'esempio dei paesi occidentali. E non ci fu più nessun bisogno di una casta di guerrieri professionisti. Infine, nel 1876 fu vietato espressamente ai samurai di portare la spada. Era l'ultimo colpo, l'identità stessa della classe veniva minata alle fondamenta. Cosa poterono fare gli ultimi rappresentanti di quella classe, sentendo che non c'era più posto per loro nel nuovo mondo? Nell'Hagakure, il più importante poema epico giapponese, Yamamoto Tsunetomo dice: "La Via del Samurai consiste nella morte. Se si tratta di scegliere tra le alternative, c'è soltanto una decisione da prendere velocemente: la morte. [...] Tutti noi vogliamo vivere. Tuttavia, il fatto di non aver raggiunto il proprio scopo e continare a vivere è viltà ". Questa era l'essenza del bushido, la via del guerriero, l'essenza della filosofia del samurai. Rivolte scoppiarono in tutto il paese, capeggiate dagli ultimi grandi samurai, decisi a morire combattendo piuttosto di eclissarsi lentamente e di integrarsi nella nuova società . Nel 1877 lo stesso Saigo Takamori, che aveva guidato l'esercito di Matsushito alla vittoria, decise di ribellarsi. Dopotutto, lui era un samurai! Radunò tutte le forze dei samurai ribelli e ne assunse il comando. Le sue truppe ammontavano a quarantamila uomini, guerrieri di tradizione, ben addestrati e motivati. Le truppe governative erano più numerose, meglio equipaggiate, ma erano composte da semplici contadini e pescatori, che a malapena sapevano puntare un fucile. Saigo aveva la sua base principale a Kagoshima. Condusse alcune brillanti operazioni (in particolare, mosse l'assedio contro la potente roccaforte di Kumamoto), ma infine l'esercito regolare riuscì ad avere la meglio. Con l'uso combinato di flotta ed esercito Yamagata Aritomo, vecchio amico di Saigo e comandante dell'esercito governativo, riuscì a metterlo all'angolo. Gli scrisse una lettera appassionata, chiedendogli di arrendersi e offrendogli condizioni onorevoli. Ma Saigo rifiutò. Era il 24 settembre 1877. Con appena un centinaio di guerrieri rimasti al suo fianco, contro trentamila soldati regolari, si lanciò nell'assalto finale. Venne ferito e trascinato fuori dal campo di battaglia, dove con l'aiuto di Beppu Shinsuke, si concesse il seppuku, il suicidio rituale del samurai, la scelta estrema che preserva il guerriero dal disonore della sconfitta. Così morì l'ultimo samurai del Giappone, sigillo di un'epopea iniziata con il mitico principe Yamato nella notte dei tempi. A Saigo vennero tributati grandi onori, anche da Aritomo, che ne riconobbe il valore e gli concesse un funerale da leggenda. Entrando nell'epoca meiji, il Giappone voltò definitivamente, e dolorosamente, pagina nella propria storia. appassionato, Jareth
< Messaggio modificato da Jareth -- 2004-01-10 14:13:09 >
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